Into the Wild: il magnifico viaggio di Christopher McCandless

«Non amo meno gli uomini, ma più la natura»: questa citazione di Lord Byron, pur aprendo il film, potrebbe essere il senso ultimo di “Into the Wild”.

Christopher McCandless (un davvero sorprendente Emile Hirsch ) è un uomo che non disprezza l’umanità, ma anzi gode della compagnia delle persone che gli sono intorno. Anche se non di tutte…

Christopher odia la società per quello che è diventata («la carriera è un’invenzione del ventesimo secolo»: un concetto sul quale bisogna riflettere): un mondo falso e ipocrita di cui vede i propri genitori farne parte. Allora fugge, non solo verso luoghi incontaminati, ma anche incontro a persone pure, non corrotte e amanti della vita.

Il sogno di Chris è però l’Alaska, il luogo dove poter rimanere solo e godere delle bellezze del creato, il luogo puro per eccellenza, perchè l’uomo ancora non ci ha messo (del tutto) piede.

A differenza di celebri viaggiatori (pensiamo a Kerouac, o anche ad “Alice nelle città”) il fine del protagonista non è unicamente il viaggio in sè (la fuga), ma il suo percorso ha una meta: quella di trovare un luogo dove poter vivere la vita che vuole.

Contenutisticamente “Into the Wild” è un film semplicemente straordinario: una riflessione mai scontata, seppur spesso trattata.

Qualche problema ci può essere in alcune scelte stilistiche di Sean Penn che, dopo il bel “La promessa” e il magnifico corto del film collettivo sull’11 settembre, ancora non ha trovato la piena maturità registica per poter sfornare un capolavoro.

La sua regia è troppo “visibile”: ralenty, velocizzazioni, sguardi in macchina o split screen, di cui gli ultimi due assolutamente poco funzionali, che vanno contro ad una maggior secchezza stilistica che la storia avrebbe richiesto.

Sull’altra faccia della medaglia, però, Penn ci regala dei momenti di rara intensità poetica: pensiamo a Chris che insegue i cavalli o a quando guarda il tramonto sul mare.

Assolutamente straordinarie sono le sequenze con l’anziano Ron (in particolare quella della “scalata”), un magnifico Hal Holbrook che si è meritato la nomination all’oscar come miglior attore non protagonista (l’avrebbe meritata anche Hirsch nella categoria principale).

Anche se forse il momento in assoluto più bello del film è quando Chris arriva in Alaska e, in mezzo al bosco dove c’è il pulmino arenato che lo ospiterà, si mette ad ascoltare il silenzio: il suono che manca completamente nella società in cui viviamo e che si può ascoltare soltanto nelle terre selvagge.

Chimy

Voto Chimy: 3 / 4

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29 commenti

  1. La sua regia è troppo “visibile”: ralenty, velocizzazioni, sguardi in macchina o split screen, […], che vanno contro ad una maggior secchezza stilistica che la storia avrebbe richiesto.

    sottoscrivo ogni parola.
    Ciao Chimy

    Ps: e il buon Para che ne pensa??

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  2. Grazie Trinity, non siamo in molti a pensarla così, ma teniamo duro ^^
    Per il parere del Para ti conviene leggere il suo sfogo nel post sotto 🙂

    Un saluto

    Chimy

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  3. Mi sa che Penn stavolta ha voluto strafare…però tutto il resto mi mette una certa aquolina in bocca…

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  4. Sì un pò ha voluto strafare… però il film resta davvero notevole. Non perdertelo…Ciao

    Chimy

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  5. penso che tu sappia già come la penso..dopo vari commenti e discussioni sono finalmente giunto al perchè il film per me non raggiunge il nominativo di capolavoro:non tanto la regia di penn mi ha infastidito quanto il troppo personaggio del protagonista (in certe scene davvero troppo) e una leggerissima retoricità di fondo nel rapporto uomo-natura..poteva essere un capolavoro..peccato!secondo me la prova di hirsch è buona ma non eccezionale…comunque buonissima recensione come al solito!

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  6. l’unica, davvero l’unica cosa sulla quale non sono d’accordo è
    “La sua regia è troppo “visibile”: ralenty, velocizzazioni, sguardi in macchina o split screen, di cui gli ultimi due assolutamente poco funzionali”
    non sugli split screnn, lì come sai con concordo, ma sullo sguardo in macchina esplicito, che ho trovato funzionalissimo
    c’è bisogno di un secondo post che ho detto metà di quello che avevo in testa fuori dalla sala ^^
    della scena della mela, per esempio, mi son dimenticato di parlare
    per il resto sono in sintonia, anche se come sai per me in questo caso la riflessione è tanto forte (e il coinvolgimento tanto potente) da indurmi a chiudere l’occhio su un paio di cosette poco convincenti in fase di regia
    buona serata!

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  7. Maledetta università…causa studio ancora devo vederlo…:(

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  8. L’ho visto ieri sera e ancora non l’ho recensito perché ho bisogno di far “macerare” un po’ il film. Troppo forte la mia emozione che deve leggermente evaporare.

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  9. Ormai sai come la penso ma belle parole cmq!Complimenti!^^

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  10. @deneil: concordo con te sul fatto che sia un capolavoro mancato.. anche se per motivi diversi: secondo me il rapporto uomo-natura è invece molto toccante e Hirsch a me è piaciuto molto… cmq nel complesso siamo di opinione molto simile ^^

    @honeyboy: qualche divergenza minima ci vuole ^^. Purtroppo io non sono riuscito a chiudere un occhio per quel “paio di cosette poco convincenti in fase di regia”: sono pignolissimo!!!! ^^

    @cinedelia: non parlarmi di università… periodo duro per tutti. Aspetto con ansia il tuo commento appena riuscirai a vederlo.

    @cinemasema: piaciuto molto? attendo la tua recensione con impazienza 🙂

    @Mr.Davis: grazie di cuore ^^

    Saluti a tutti

    Chimy

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  11. chimy sai come la penso…
    tutto è funzionale alla storia e difficilmente una storia del genere poteva essere meglio raccontata (visivamente) di così…

    ps. ti ho risposto da me sul classicismo…

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  12. vengo a leggere…

    Chimy

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  13. “(…) pensiamo a Chris che insegue i cavalli o a quando guarda il tramonto sul mare.”

    Personalmente non metterei proprio queste banalità tra le cose positive della pellicola. Parere personale, naturalmente…

    Ciau!

    BenSG

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  14. Invece, secondo me, non sono affatto delle banalità…
    Sono momenti toccanti e funzionalissimi, perchè dimostrano il totale integrarsi di Chris con la natura circostante in cui si immerge con tutto sè stesso…

    Ciao, grazie della visita

    Chimy

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  15. E vai finalmente l’ho visto! Che dire sono ancora sconvolta!!! Se ti va, passa a dare un’occhiata da me ^_-

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  16. Passo con piacere 🙂

    Chimy

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  17. e vari echi classici mi han portato a herzog, tutto tranne che classico…

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  18. He he… ho visto proprio adesso il tuo bel post.

    Chimy

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  19. Dissento su un paio di punti (ho trovato gli split screen, per quanto desueti, piuttosto funzionali e l’interpretazione di Hirsch piuttosto buona, ma non da nomination), ma sui rimanenti aspetti concordo pienamente. Anche se, per quanto bravo nel filmarla, il “plus” rappresentato dalla natura non è dovuto a Penn.
    Piuttosto, come ho scritto nella mia recensione e come ribadito in alcuni commenti, la vedo come Deneil su alcuni aspetti della sceneggiatura. Ma, soprattutto, mi sarei risparmiato volentieri i pietismi (la lacrima di Ron, il dolore del padre…) Credo che davanti al dolore, per quanto simulato essendo un film, ci si debba fermare.

    Ciao,
    Mr. Hamlin

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  20. Personalmente posso testimoniare la situazione nelle sale di Asti (dove sono residente ma, dove per motivi che sarebbe lungo spiegare, sono sempre meno) e di Parma.
    Ad Asti tutto sommato non ci si può lamentare, poiché le sale del centro città hanno capito che l’unica maniera per combattere la multisala aperta in periferia è programmare film che in quel “gigante” non troverebbero mai sbocco.
    Meno rosea la situazione di Parma dove, a fronte di alcune salette che programmano buone rassegne, le altre si sono uniformate alle pellicole di facile richiamo. L’altro giorno mi sono cadute le braccia quando ho letto che il cinema “D’Azeglio d’essai” ha in cartellone “Scusa ma ti chiamo amore”…
    E vanta la definizione d’essai nel nome? Ma si vergognassero almeno…

    Mr. Hamlin

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  21. Ma, non so… a me gli split screen che mostrano diverse fasi temporali mi sembrano abbastanza inutili. Secondo me sono funzionali quelli con una rottura spaziale, per mostrare magari una scena da diversi punti di vista…
    Sul dolore potresti aver ragione effettivamente….

    Un saluto

    Chimy

    p.s. sulla distribuzione non sappiamo più cosa dire…

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  22. Splinder ce la facciamo?

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  23. anonimo

     /  2 febbraio 2008

    ciao…
    ho visto il film ieri (finalmente!) è davvero un buon film, ma secondo me gli slipt screen e gli sguardi in macchina erano assolutamente funzionali al film, forse quello della mela un pò meno…
    Lui davvero notevole…” Into the wild” parla di un viaggio, della ricerca della felicità e della VERITA’.
    Forse nn è capolavoro ma rimane un film magnifico!!
    Besos
    Erica

    A presto!!!

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  24. Bene, chimy…vedo che la pensiamo praticamente nello stesso modo. Come dici tu, non siamo in tantissimo. Fa piacere sapere che non si è soli 😉 a presto

    Rispondi
  25. @erica: scusa se ti rispondo solo adesso ma non mi ero accorto del tuo commento.
    Come mai hai trovato funzionali gli split screen?
    Cmq un buon film sicuramente…

    @pick: fa piacere anche a me ^^

    Saluti

    Chimy

    Rispondi
  26. Sono d’accordo che la regia sia troppo visibile, sembra che Penn stesso voglia essere in qualche modo protagonista del film. Però io ho trovato le varie sceltre stilistiche funzionali a vari momenti del racconto, non solo orpelli estetici.
    Il rallentatore durante il tramonto sul mare è perfetto, la natuta sempra completamente investire Chris e sospenderlo al di là del tempo. La voce narrante è un qualcosa che amplia la narrazione, mettendoci a conoscenza della situazione della famiglia di Chris. Lo sguardo in macchina (in particolare nella splendida scena della mela) è un mezzo per collegare in modo ancora più diretto e concreto Chris e spettatore.

    L’unico elemento che forse avrei eliminato, o usato in modo diverso, è lo split screen. Qui sono d’accordo con te, serve a poco.

    Il contenuto è, come dici te, straordinario. Era tanto che non mi emozionavo così tanto.
    Un saluto!
    Lorenzo

    Rispondi
  27. Sicuramente un opera molto emozionante.
    Sulle scelte di Penn concordo con te, a parte lo sguardo in macchina che secondo me è un pò fuori luogo… a mio parere già la storia in sè riesce a trasmettere una forte vicinanza tra Chris e il pubblico.

    Un saluto

    Chimy

    Rispondi
  28. anonimo

     /  14 marzo 2008

    cari amici di cineroom, ma soprattutto caro Andrea

    ho da poco scoperto con piacere grazie ad una delle vostre fan Erica, l’esistenza di questo blog e sono molto contento di vedere dei ragazzi che con dovizia a dir poco professionale si occupano di una delle arti piu’ che piu’ di tutte ha influenzato il secolo scorso. Io, come voi, sono appassionato di cinema ma non credo di aver le capacita’ di analisi e di linguaggo tecnico cosi accurate che avete voi.
    Tuttavia mi sento di fare delle osservazioni che esulano dal contesto cinematografico del film INTO THE WILD.

    La maggior parte dei critici ha affermato che le fonti letterarie, oltre che la cronaca del fatto veramente accaduto, a cui il film attinge sono 2 grandi autori americani: JACK LONDON e JACK KERUAC. Sul primo mi sento di accordare. In fondo London nei suoi romanzi come “Zanna Bianca” o “il richiamo della foresta” ci parla di un America selvaggia “in divenire” dove l’uomo è soltanto parte integrante di una natura a lui ostile ed estranea, clischè tra l’altro sempre presente nei primi grandi romanzieri americani. Tuttavia mi sento in profondo disaccordo con eventuali paragoni al celebre romanzo di Keruac “sulla strada”. Infatti il regista pur ispirandosi alla struttura portante del romanzo: il tema del viaggio, la storia si allontana non solo dalle finalita’del viaggio Keruakiano ma anche nel suo esito. Le finalita’ del viaggio di Keruac infatti non si esauriscono nell’autoisolamento dal mondo o in una fuga dalla civilta’, come, a mio modesto avviso, il protagonista, del film, ma bensi’ come accrescimento personale per ritornare a far parte della stessa. Infatti “on the road” è un viaggio di andata e ritorno non di sola andata come il nostro Alex Supertramp. La felicita’ di Sal (on the road) consiste nel trovare le persone giuste nel contesto giusto e fin dall’inizio capisce che “la felicita’ consiste nel condividerla con altre persone” mentre invece il nostro Alex ci arrivera’ solo dopo 3 ore di stupendo film a constatare questa verita’.

    Da un punto di vista emotivo questo film mi ha toccato molte corde, saprattutto in questo esito cosi’ autodistruttivo.

    ma in ogni caso, mi sento sempre di essere ottimista, nonostante il mondo sembri impazzire e come diceva il buon soldato Jocker di “full metal jacket”

    vivo in un mondo di merda…questo si…ma sono vivo…e non ho piu’ paura

    grazie
    MARCO CRUCCU

    Rispondi
  29. Caro Marco,
    innanzitutto grazie per la visita e per le tue bellissime parole.
    Concordo in pieno con la tua analisi sulle differenze tra “Into the Wild” e “On the Road”. Amo Kerouac e l'”accrescimento personale” di cui parli è uno dei punti più importanti di tutto il suo discorso; molto diverso da quello fatto da Alex nel film.

    C’è solo un punto del tuo discorso sul quale non sono d’accordo: le capacità di analisi e di linguaggio tecnico accurate le hai eccome! Le tue parole lo dimostrano in pieno.

    Allora ti aspettiamo prossimamente per futuri commenti su altri film… quando ti va scrivici che mi fa molto piacere conoscere la tua opinione.

    Grazie ancora per la visita
    Un caro saluto, a presto

    Andrea

    Rispondi

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