Motel Woodstock: la presa di coscienza dell'evento


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È la seconda volta, consecutiva, che la distribuzione italiana rovina il senso di un film di Ang Lee. Il precedente Lussuria toglieva al titolo originale (Lust, Caution!) quel geniale riferimento/presa in giro alla censura cinese che avrebbe presto cercato in ogni modo di fermare un’opera “tanto scandalosa”; ora abbiamo un titolo insipido come Motel Woodstock al posto dell’originale Taking Woodstock, tratto dal libro di Elliott Tiber e Tom Monte, i cui significati si possono comprendere soltanto a visione ultimata. Quella presa di Woodstock che è esattamente quello che Ang Lee vuole raccontare: il suo ultimo film non ci mostra infatti praticamente mai il celebre concerto, nè i cantanti che hanno preso parte all’evento; il regista taiwanese si concentra invece su come Woodstock è stato possibile, su quello che è avvenuto prima del concerto e su come è stato preso quel terreno da un giovane, Elliott Tiber (interpretato da un sorprendente Demetri Martin che, seppur con poche espressioni, rende molto bene la sorpresa di un ragazzo che ha contribuito a realizzare senza rendersene conto un evento memorabile), e da un ristretto gruppo di persone che l’ha aiutato nel suo intento. Meno perfetto formalmente dei precedenti film di Ang Lee, Motel Woodstock parte col freno a mano tirato, ma col passare dei minuti riesce a diventare un’opera interessante e piacevole da seguire; soprattutto quando arriva a raccontare (anche) la presa di consapevolezza del protagonista del mondo che lo circonda, che va ben oltre le mura del Motel dei suoi genitori. I personaggi di Liev Schreiber e Imelda Staunton contribuiscono poi alla creazione di un’opera divertente e delicata, dove a diverse sequenze “innocue” si alternano anche alcuni momenti estremamente emozionanti. Primo fra tutti la conclusione di un "trip da acido" del protagonista, dove la folla dei presenti si trasforma in un oceano vero e proprio: un momento in cui lo stesso Elliott prende finalmente coscienza che il centro stesso dell’universo, per tre giorni del 1969, si trovava proprio davanti ai suoi occhi. A Woodstock.

Chimy

Voto Chimy: 2,5/4

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13 commenti

  1.  mi spiace ma codesta volta non sono per niente d’accordo. anche se su alcuni punti concordo.

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  2. questa volta lo zio ang non mi avrà!

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  3. He he 🙂

    Chimy

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  4. Dome, ma lo zio Ang non ti ha mai avuto veramente!! 😛

    Io invece sono curiosa…cercherò di vederlo.

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  5. Brava Ale, poi facci sapere cosa ne pensi se riesci a vederlo 🙂

    Chimy

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  6. anonimo

     /  16 ottobre 2009

    ciao sono piero (ring!). interessante la riflessione sui titoli, che sono ancora un problema. è un film simpatico, niente di che ma sicuramente meglio del citato lussuria!

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  7. Grazie Piero, quello dei titoli è un problema del quale non riusciamo proprio a liberarci…Ang Lee, come tanti, è spesso troppo bersagliato 🙂

    Ciao

    Andrea

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  8. (ale, qui ti sbagli, lo zio ang mi ha avuto eccome, detto in gran segreto la tigre e il dragone mi piacque e non poco ^^)

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  9. @dome: Ma questa è una grande notizia, un grande segreto rivelato al mondo! Anche il più grande osteggiatore dello zio Ang ha il suo scheletro nell’armadio! Sono commosso e contento! 🙂
    Saluti.
    Para

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  10. A me è piaciuta proprio molto la scelta di NON mostrare il concerto. trovo sia l’idea migliore del film. Un’opera non perfetta (concordo, all’inizio ingrana con difficoltà) ma che si fa comunque amare.

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  11. Concordo in pieno. Una scelta non convenzionale e brillantissima.

    Un saluto

    Chimy

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