Torino Film Festival: primo resoconto

In questi resoconti del TFF non parleremo dei diversi film delle retrospettive (Melville, Polanski, British Renaissance) visti; ma cercheremo di parlarvi soprattutto dei film "nuovi", per i quali i giudizi sono (visto che siamo ad un festival) più interessanti. Come detto ci siamo concentrati soprattutto sul fuori concorso, visto che dal concorso non ci attendevamo più di tanto.

Fra le retrospettive però segnaliamo quella al poco conosciuto Kohei Oguri, regista giapponese, del quale speriamo che si riescano a recuperare presto alcune opere nel mercato dei dvd.

Non ci sono quindi moltissimi film in questo primo resconto perchè abbiamo visto diversi film delle retrospettive e la grande quantità di titoli nuovi interessanti sarà soprattutto nei prossimi giorni.

Nel pomeriggio di sabato c’è stato inoltre l’incontro con Polanski intervistato per due ore da Nanni Moretti che gli ha fatto domande sul cinema in generale e sulle varie fasi della realizzazione di un film.
Dibattito molto interessante, in cui il regista polacco si è aperto totalmente al pubblico italiano facendogli, quasi, scendere anche una lacrima quando ha parlato dei film che avrebbe voluto, ma che non ha potuto realizzare: tra cui l’atteso "Pompei" di qualche anno fa.

Eccoci alle piccole recensioni dei film visti:

Filth and Wisdom di Madonna:

Para: Ci aspettavamo l’abominio e invece l’esordio di Madonna alla regia non è tutto da buttare. Madonna sceglie di dipingere uno spaccato generazionale di tre londinesi venticinquenni ambiziosi di soddisfazioni personali. A confronto inserisce anche due personalità adulte, visibilmente infelici.
Come cantastorie e commentatore del film, che si rivolge direttamente allo spettatore, c’è Eugene Hutz, cantante dei Gogol Bordello: dispensa massime imperdibili e aiuta un pò come un demiurgo gli altri personaggi.
Qualche problema di regia, un soggetto non brillante, personaggi stereotipati, ma poteva andare peggio. Sufficiente.

Chimy: La prima mezz’ora del film è traumatica e fa pensare di abbandonare la sala più di una volta. Poi, quando tutto sembrava perduto, il film si rialza nella seconda parte diventano maggiormente coinvolgente e divertente.
La regia, obrobriosa all’inizio diventa più vivace arrivando a seguire il ritmo gypsy dei personaggi, il gypsy punk della musica e il gypsy pensiero del (quasi) filosofo Gogol Bordello (vero nome Eugene Hutz, ma è meglio quello del suo gruppo), personaggio divertente e incontrollabile.
Potete anche perdervelo, ma è un raro esempio di film che parte pessimamente e riesce un pò a rialzarsi in seguito.

United Red Army di Koji Wakamatsu

Para: il ritorno al cinema del settantaduenne Wakamatsu Koji con un film-fiume di 190 minuti sulla storia della United Red Army, una cellula di studenti rivoluzionari nata (e morta) durante i movimenti studenteschi giapponesi di fine anni ’60. Il film si sviluppa in tre parti e in tre stili: una prima parte fatta di filmati e immagini di cronaca del tempo intervallata da sequenze di finzione, il tutto gestito da un narratore omniscente. La seconda e la terza sono interamente di finzione. Una relativa al soggiorno di una parte del gruppo in montagna per scoprire lo spirito comunista e intanto allenarsi come formazione militare per la rivoluzione. Mentre l’ultima parte relativa alla fine del gruppo, con l’arresto di alcuni membri e la barricata finale in una baita prima dell’attacco della polizia.
Problema del film è, in sostanza, l’ultima. La prima è infatti brillante ed interessante, mentre la seconda è in pieno stile Wakamatsu: ragazzi chiusi nella baita (ambientazione monotematica) che si uccidono tra loro sotto l’influenza della follia di un uomo.
Purtroppo l’ultima parte cerca di dare un’umanità e un’integrità morale che risulta posticcia, mentre la follia e la confusione mentale della parte centrale risultavano più interessanti.
Un ritorno ambizioso ma sottotono per Wakamatsu Koji.

Katyn di Andrzey Wajda

Chimy: Atteso come uno dei possibili film del festival, il film di Wajda convince solo a metà.
Il grosso pregio è quello di trattare un tema molto interessante: il massacro compiuto dai sovietici nel bosco di Katyn dove furono uccisi decine e decine di polacchi nel 1939, che è stato tenuto nascosto dal governo di Mosca per i decenni seguenti.
Wajda mantiene una regia costante (anche troppo) per tutte le due ore del film, senza particolari cali e con una vetta nel bel finale. A volte però sembra un pò troppo accontentarsi parlando già di un soggetto interessante e tralasciando le potenzialità delle immagini, arrivando a fidarsi troppo delle parole.
Un film interessante, ma dal ritorno di un celebre vecchio regista come Wajda era lecito aspettarsi di più.

Dream di Kim Ki-duk

Forse il film che state più aspettando. Vi chiediamo di attendere ancora un paio di giorni perchè abbiamo deciso che lo spazio per questo film doveva essere maggiore rispetto a quello delle abituali mini-recensioni festivaliere e quindi abbiamo deciso di fare una normale doppia recensione per il nuovo kim ki-duk. Giovedì dovrebbe arrivare e domenica metteremo i film visti negli ultimi giorni del festival.