Mostra di Venezia 2008: secondo resoconto

Fuori concorso-Mezzanotte

Chimy: Sezione che negli scorsi giorni ha presentato tre film particolarmente interessanti.
Il primo è stato "Monster X Strikes Back: Attack the G8 Summit": un film molto divertente che è anche un piacevole omaggio ai monster movies giapponesi del passato. Un cinema ingenuo, ma della cui sincerità sembra esserci sempre maggiore bisogno ai giorni d’oggi.
Il secondo è "Encarnacao do Demonio", il ritorno (dopo 40 anni) dietro la mdp di José Mojica Marins e del suo alter-ego cinematografico. E’ impressionante come il regista (ultra-settantenne) abbia ancora voglia di "giocare" col mezzo cinematografico, creando effetti ed omicidi di particolare efficacia.
Infine, il film più enigmatico del festival: "Vinyan". Storia di una coppia che cerca nelle isole filippine il figlio che credevano morto. Un viaggio dentro un mondo di orrori della giungla, con un finale quantomeno angosciante. Vi sono alcune ripetizioni e qualche calo, ma forse fra un paio d’anni potrebbe essere definito un cult.
Nel complesso, quindi, tre film da vedere pur con i loro difetti e anche i loro pregi.

Para: "Monster X Strikes Back: Attack the G8 Summit" è una sorpresa. E’ nello stesso tempo un omaggio ad un certo cinema, una commedia demenziale e un attacco (seppur volutamente ingenuo e stereotipato) alla situazione politica mondiale. Tra l’altro con par condicio.
"Encarnacao do Demonio" è anche in questo caso il ritorno di un certo cinema. E’ il ritorno nella modernità di un personaggio culto degli anni ’60 che ritorna riproponendo e reinventando sè stesso e il suo genere. C’è spazio, durante la visione del film, ad una riflessione sul cinema e, allo stesso tempo, sul concetto di bene e male.Ma di questo ne parleremo in una vera recensione al nostro ritorno. Altro fattore di notevole importanza è la capacità di intrattenerelo spettatore con una serie di trovate, tra torture ed omicidi, di una originalità non facile da trovare.
"Vinyan" è un film girato e fotografato con classe ma che non convince fino in fondo.

Inju, la bete dans l’ombre di Barbet Schroeder

Chimy: Altro film in concorso, altra opera decisamente trascurabile.
Benoit Magimel, che è un signor attore, è totalmente trattenuto e fuori parte; la regia di Schroeder convince solo a tratti. Tutto il mistero viene svelato con una spiegazione finale a parole, che qui piace molto poco.

Para: un film che lascia trasparire, nel bene e nel male, i punti saldi d cui è composto: è tratto un romanzo di Edogawa Rampo, è ambientato in Giappone con protagonistra francese, è diretto da un occidentale. Purtroppo più volte i registi occidentali han dimostrato di non avere la sensibilità adatta a dirigere alcune onnipresenti sequenze (rito di preparazione del tè, danze delle geisha), e qui vi è lennisima riconferma. Magimel è evidentemente un pesce fuor d’acqua, esattamente come il suo personaggio nella diegesi. Infine i classici colpi di scena alla Rampo stonano nel corso del film, e se prima del pessimo spiegone finale il film era comunque godibile e di buon intrattenimento, al suo termine si resta un po’ delusi.

The Burning Plain di Guillermo Arriaga

Chimy: Opera che attendevo moltissimo, visto l’amore per Inarritu e per le sceneggiature di Arriaga.
"The Burning Plain" è girato maluccio, creando (dopo la stroncatura cannense a Charlie Kaufman) qualche dubbio sulle capacità registiche di chi fa come mestiere lo sceneggiatore.
Ciò che colpisce negativamente è che anche la sceneggiatura è decisamente banale e ordinaria.
Arriaga fa l’errore di non mescolare le sue storie, come aveva fatto, sugli stessi piani temporali; crea un nuovo puzzle, ma che si basa sul passato e il presente della protagonista. Quando uscirà in sala ne parleremo più a lungo.
La più grande delusione della Mostra.

Para: un film scandaloso. Dialoghi pessimi, incastro temporale inutile e girato da un apprendista alle prime armi.

Un giorno perfetto di Ferzan Ozpetek

Chimy e Para: Non l’abbiamo visto (volutamente), ma se vi serve un commento: <<Un film infame!>> ha detto il sommo Morando Morandini uscendo dalla sala…

35 Rhums di Claire Denis

Chimy: Dulcis in fundo, il miglior film (fin’ora!) del festival è (e ce lo aspettavamo) quello della bravissima Claire Denis.
Un’opera giostrata sul rapporto intenso fra un padre e una figlia, che sta crescendo e che si avvicina ad allontanarsi dal genitore. Film che tratta temi fortissimi con una regia delicatissima, accompagnata da una musica celestiale.
Una nuova poesia di Claire Denis, che hanno deciso però di mettere fuori concorso (perchè?). Se fosse stata nella sezione principale avrebbe preso certamente qualche premio tra cui quello al bravissimo attore Alex Descas; un volto dolente sul quale la vita passa davanti inesorabile, senza che lui possa cambiarla.
Cinema! Finalmente….

Para: c’è poco da aggiungere, la Denis gira un film intimo e delicato, con una regia misurata, che nonostante la fissità di alcune parti non fa sentire cali di ritmo. Gli attori sono bravi, la musica bellissima, la fotografia giusta, e in alcuni momenti cè persino poesia.

Adesso per farvi venire invidia, aggiungiamo che (se tutto va bene) fra 2 ore siamo in sala con Miyazaki 😉