"La città proibita": di Zhang Yimou il fin è la meraviglia

cittàproibitaSe c’è una parola con cui definire questo “La Città Proibita” (dannazione, il titolo inglese, “The Curse Of The Golden Flowers”, è così bello) è senza dubbio “barocco”. Ovviamente una classificazione occidentale per un film cinese è un po’ fuori luogo, però rende bene l’idea.
Il film è una vera e propria festa per gli occhi. Molto più de “La Foresta Dei Pugnali Volanti”, film che già aveva abbondantemente sollazzato il mio percepire visivo. Le scenografie del palazzo imperiale sono infatti qualcosa di meraviglioso: colori accesissimi, dettagli infiniti, orpelli d’oro, sete luccicanti e chi più ne ha più ne metta. Come ci si può benissimo aspettare da un palazzo imperiale tutto è grande, tutto è elevato all’eccesso e al lusso sfrenato e c’è una marea di gente sullo schermo (così come c’è e c’è sempre stata una marea di gente in Cina).
In fin dei conti in questo film c’è un’attenzione al particolare che ha del maniacale. E la regia aiuta in maniera incredibile a stupire lo spettatore mostrando più dettagli possibili.
La storia è un “classico” dramma cinese: complotti a corte, legami di sangue e questioni ereditarie. Il tutto condito da alcune scene d’azione, tra cui una battaglia spettacolare all’interno del palazzo in cui “teoricamente” (non li ho contati di persona) si muovono sullo schermo tra i 10 mila e i 20 mila uomini. (Bello!)
Nell’essere spettatore di questo film c’è proprio la gioia nel guardare, nell’osservare. Il fine è lasciare a bocca aperta. E Zhang Yimou ci riesce alla perfezione. Come se non bastasse Gong Li nella parte dell’imperatrice e Chow Yun Fat nella parte dell’imperatore non peggiorano certo le cose, anzi.
Il contrasto che si crea poi tra ciò che appare e ciò che è la sostanza è il classico punto su cui si basano le storie di questo tipo, cioè che l’apparenza inganna. Dietro lo sfarzo, la rigidità, la compostezza ed il buon esempio che la famiglia reale dovrebbe dare si nasconde tutt’altro. C’è un particolare che mi piace citarvi: quando l’imperatrice dopo aver bevuto una medicina si sciacqua la bocca e sputa il liquido in un recipiente, nel farlo copre con l’abito parte del volto, per nascondersi allo spettatore. Al di fuori delle proprie stanze e della propria intimità nulla deve infrangere i canoni, ma quando si è al riparo dagli sguardi tutto muta.
Un problema c’è però (ed è quello che rende questo film inferiore a “La Foresta Dei Pugnali Volanti” e a “Hero”), cioè che in alcuni punti del film la vicenda cade nel dimenticatoio, te ne dimentichi senza problemi e te ne infischi anche, tanto sei attento a guardare tutti gli angoli dello schermo. Non che questo faccia perdere il filo del discorso, visto che l’abilità del regista a “svegliarti” c’è e rende il film comunque pienamente godibile, anche a livello narrativo. Questo particolare giudicate voi se sia un pregio od un difetto, io vi ho semplicemente avvisati.
In ogni caso il titolo di buon film se lo prende senza problemi, ma lo spazio che intercorre tra questo 3 ed il 3,5 degli altri suoi due celebri “wuxiapian” (il film di cappa e spada della tradizione cinematografica cinese) è comunque un abisso.
Para
Voto Para: 3/4

COMMENTO DI CHIMY

Un film maestoso.
Zhang Yimou è un regista che crea opere visivamente irragiungibili, con "La città proibita" lo conferma ancora una volta.
Diverse sequenze sono davvero un piacere per gli occhi: i guerrieri dell’imperatore che si calano dall’alto; i magnifici corridoi del palazzo; i servitori che devono riordinare la città dopo la battaglia….e molte altre.
"La città proibita" mi ha rimandato direttamente a "Ran" di Akira Kurosawa per questo trionfo di colori e per la trama di matrice Shakespeariana; la trama, probabilmente, può essere l’unico difetto del film, dato che si rifà a procedimenti narrativi già visti e molto trattati, non permettendo a "La città proibita" di raggiungere il livello dello splendido "Hero", vertice assoluto, a mio parere, del genere wuxiapian.
La regia, comunque, è davvero ottima (come nei due precedenti del regista): Zhang Yimou si divide, ormai costantemente, in due generi: da una parte il "cappa e spada" a cui si rifà questo film, dall’altra un genere più intimistico a cui si rifà il magnifico "Lanterne rosse" e il recente "Mille miglia lontano". Zhang riesce perfettamente in entrambi.
Una delle migliori interpretazioni dell’anno quella della straordinaria Gong Li (al ritorno con Zhang Yimou dopo diversi anni),che è bellissima e bravissima come sempre.

Chimy

Voto Chimy: 3/4