4 mesi, 3 settimane, 2 giorni: …e 1 (meritata) Palma d'oro

4mesiRomania 1987. Otilia e Gabita, due studentesse universitarie, vivono una situazione drammatica. Gabita è incinta di 4 mesi, decide però di non portare avanti la gravidanza, nonostante l’aborto sia illegale. Otilia, per aiutarla, si mette in contatto con il sign.Bebe, un uomo che (forse) può aiutarla…
Si può ergere a capostipite della "nuovelle vague" rumena questo "4 mesi, 3 settimane, 2 giorni" del giovane regista Cristian Mungiu, qui al suo secondo lungometraggio.
Anche per questo aprirsi ad una nuova cultura cinematografica (oltre che per il film in sè) mi trovo d’accordo con il premio datogli sulla Croisette lo scorso maggio.
Il film descrive un episodio di vita drammatica, vissuto da due giovani ragazze, ai tempi della dittatura di Ceausescu.
Il regista ci racconta (molto bene) un episodio privato e quotidiano, in un’epoca tragica dal punto di vista pubblico: un paese povero, in cui i cittadini si muovono come fantasmi, intristito da un regime autoritario e ottuso.
La bravissima semi-esordiente Anna Maria Marinca (la rivedremo in una piccola parte nel nuovo film di F.F.Coppola), nel ruolo di Otilia, è seguita per tutto il film dalla cinepresa di Mungiu che non la molla un secondo. Procedimento simile a quello usato dai fratelli Dardenne nelle loro opere, l’unica differenza è che, in "4 mesi, 3 settimane, 2 giorni", la macchina da presa è, seppur a mano, più ferma e "ordinata".
Mungiu decide (a differenza di quanto hanno detto in molti) di non mostrarci diverse sequenze drammatiche: nel rapporto sessuale tra Otilia e Bebe rimaniamo fuori insieme a Gabita; quando Gabita abortisce siamo, con Otilia, a casa del suo ragazzo.
Il regista rumeno decide, però, di mostrarci, nella scena più citata, il feto di 4 mesi sul pavimento del bagno: questa scelta non deriva, a mio parere, dalla voglia di sconvolgere e provocare, ma dalla volontà di fare riflettere maggiormente il pubblico di fronte alla scelta che ha fatto Gabita.
Il film non è nè contro, nè a favore dell’aborto: Mungiu si limita a descrivere i fatti, al pubblico è lasciata l’ardua sentenza.
Un film comunque forte, che colpisce a fondo e che non ci lascia subito dopo la visione, ma che rimane sottopelle per diverso tempo.
Un film notevole che ci fa ben sperare per il futuro del cinema della Romania; una nazione che ha ancora tante storie da raccontare.

p.s. il film è stato concepito da Mungiu come il primo capitolo di una serie intitolata: "Storie dell’età dell’oro, una storia soggettiva del comunismo in Romania, raccontata attraverso le leggende metropolitane". Con questo inizio, non posso che attendere con ansia i prossimi capitoli…

Chimy
Voto Chimy: 3 / 4