L'uomo nell'ombra: Polanski al 100%

Si è parlato troppo. Si è parlato troppo delle vicende personali di Roman Polanski, del fatto che ha dovuto concludere il suo lavoro in carcere, del fatto che non poteva essere presente a Berlino dove il film è stato presentato (con vittoria dell’Orso d’argento per la migliore regia).
Si è parlato poco di cinema. Si è parlato poco de L’uomo nell’ombra, pessimo e assurdo titolo italiano di The Ghost Writer, che non sembrava inopportuno lasciare nella sua veste originale.
E anche quando si parlava del film si faceva il nome di Hitchock, si citava il romanzo di Richard Harris etc etc.
Tutto sbagliato perché L’uomo nell’ombra è (prima di tutto) un film polanskiano al 100%: un’autorialità che si nota da subito, fin dall’ottimo incipit che trascina vorticosamente lo spettatore nella vicenda.
Era da più di un decennio che Polanski non firmava una sceneggiatura, precisamente da La nona porta, film bellissimo che è il più stretto parente-riferimento dell’ultima opera del regista di Rosemary’s Baby. Come Johnny Depp nel precedente, ora Ewan McGregor si trova coinvolto in un complotto al quale potrà trovare una soluzione soltanto interrogando i libri o, meglio ancora, la "parola scritta".
Tratta dal celebre romanzo già citato, la sceneggiatura è una perfetta macchina a orologeria che supporta ottimamente l’introspezione dei personaggi e la tensione che il regista crea con la macchina da presa. Gli unici difetti di scrittura (e forse dell’intera opera) si trovano nella conclusiva svolta narrativa, decisamente telefonata e "banalotta". Per il resto L’uomo nell’ombra procede liscio e spedito con Polanski che cronenberghianamente non fa sentire il montaggio e regala momenti cinematografici davvero magistrali.
Thriller squisitamente politico, fin dal titolo si richiama la presenza dei fantasmi, delle ombre, che hanno sempre attraversato il cinema del regista e che qui sono ancora presenti, anche se in maniera metaforica. Un cinema che parla di doppi, dove alla "mummia" de L’inquilino del terzo piano si sostituisce il biografo che non firmerà il testo che egli stesso ha scritto per farlo considerare l’autobiografia del suo cliente.
E’ anche un dramma da camera (alla Polanski, naturalmente) dove i personaggi sono confinati su un’isola che ricorda tanto cinema del regista polacco, ma anche l’inquietante Farò di Persona e di altre pellicole di Ingmar Bergman.
Infine che tutti si vadano a studiare l’ultima, già memorabile, inquadratura de L’uomo nell’ombra, muta e parlante al tempo stesso, con la quale Polanski ci ricorda che non è un semplice regista, ma che è ancora un maestro.

Chimy

Voto Chimy: 3/4


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