Changeling: Clint, Stracz and Angelina, the best trio of the year!

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Basta un secondo, un’inquadratura, un perfetto movimento di macchina per farci subito entrare nello stile inconfondibile e chirurgico di Clint Eastwood.

Un’immagine retrò in bianco e nero diventa gradualmente colorata, ma senza che si vada a perdere quel respiro (neo)classico che le ultime opere di Clint ci hanno fatto inalare.

Dopo questo breve incipit entriamo subito nella narrazione di Changeling, la sua ultima opera presentata allo scorso festival di Cannes.

Diciamo subito che questo film non è forse grande quanto lo erano le ultime opere del regista, quelle quattro meraviglie che rispondono ai nomi di Mystic River, di Million Dollar Baby (il suo capolavoro) e del dittico Flags of Our FathersLettere da Iwo Jima; ma di questo non ha certo colpe il sempre enorme Clint Eastwood.

I problemi (comunque molto piccoli) sono forse in un cast non sempre all’altezza e in una sceneggiatura, molto ben scritta ma che ha qualche calo rendendo il dipanarsi della narrazione forse eccessivamente lungo. Magnifica è invece, come sempre, la fotografia del bravissimo Tom Stern, fidato “complice” dei grandissimi film di cui si parlava sopra.

Come si diceva però la regia di Clint Eastwood è invece sempre inattaccabile, confermandoci che ci troviamo di fronte ad uno dei più grandi autori del cinema contemporaneo.

Come scrive Federico Gironi la sua è una regia ormai “quasi zen”: <<tanto essenziale è il gesto registico, tanto sembra essere (diventato) atto puro, apparentemente istintuale e privo di sforzi, eppure tanto carico di sensi in ogni dettaglio e sfumatura>>.

Una regia quindi secca, limpida, che ti fa entrare nel film facendoti dimenticare di trovarti davanti ad uno schermo bidimensionale in una sala scura con un fascio di luce che ti colpisce alle spalle.

Fondamentale è però nel suo cinema anche l’aspetto, fortissimo, di un contenuto morale che ci racconta di un nuovo anti-eroe, com’era lo stesso Eastwood nei film di Sergio Leone, com’erano Frankie Dunn e Maggie Fitzgerald, e com’erano (più di tutti) i soldati raffigurati nell’immagine-emblema della battaglia di Iwo Jima. In Changeling abbiamo un anti-eroina: Christine Collins, interpretata da una brava (pur con qualche calo) Angelina Jolie in un ruolo molto complesso, che lotta per suo figlio contro un sistema corrotto e violento che mette a nudo la fine del sogno americano; già concluso nel momento, contrapposto cinematograficamente, della golden age hollywoodiana simboleggiata dal celebre film di Frank Capra Accadde una notte che vince tutto il possibile alla notte degli Oscar.

Ciò che però ancora una volta colpisce maggiormente di un film di Clint è la natura stessa delle immagini (accompagnate da una musica, come sempre, notevolissima del regista) e il modo in cui la mdp di Eastwood le “tratta”: nel suo cinema ogni movimento di macchina, ogni stacco di montaggio, ogni contrasto luce-ombra, porta con sé una forza stilistica, un carico di significati e significanti, che non ha probabilmente eguali nel cinema contemporaneo.

Fra cinquant’anni quando un appassionato di cinema aprirà un libro di storia del cinema, nel capitolo sul cinema americano (e non solo) del primo decennio del nuovo millennio troverà, fra i primissimi, il nome di Clint Eastwood che verrà poi ripetuto diverse volte.


Chimy

Voto Chimy: 3/4

 

 

 

 

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Changeling inizia con un dolly. Dall’alto, come un occhio nel cielo, la mdp scende da una veduta generale ad una piccola casa di periferia borghese. Un dolly che è l’assunto del film: dal generale verso il particolare e la strada che tra essi intercorre.

Clint Eastwood, per raccontare questo percorso, si affida alla sceneggiatura, tratta da una storia vera, di J. Michael Straczynski, uno dei più grandi scrittori di fumetti statunitensi vivente.

L’esordio al cinema di Stracz è anche il suo esordio nella realtà. Abbandona i supereroi Marvel, il sovrannaturale Image e la fantascienza della serie tv Babylon 5, per cimentarsi in un dramma umano che non è soltanto realista ma anche veramente accaduto.

La sceneggiatura, certamente non innovativa e sicuramente non invasiva, si presenta però ben calibrata, senza ellissi o stasi esagerate. La vicenda, infatti, viene raccontata coi giusti tempi, i giusti cambi e le giuste dosi di informazioni per lo spettatore. Una sceneggiatura semplice e classica, ma senza un vero happy ending.

Una piccola parentesi va però aperta: Stracz abbandona per due ore e venti il suo fumetto, ma non il fumetto. Inserisce, nelle fasi iniziali del film, alcuni dialoghi della protagonista che sembrano usciti dalla bocca di Peter Parker, ma quello dell’Amazing Spiderman di Stan Lee, non certo del suo Ultimate Spiderman. Spiderman, casualmente un eroe mal visto dalle autorità. E la decadente fattoria di Gordon Northcott, come il suo personaggio, sembrano usciti da un Preacher di Garth Ennis.

La regia di Clint, poi, riesce sempre a dimostrare la modernità del classico, del punto di vista oggettivo e semi soggettivo (quello di Christine Collins).

E proprio Christine Collins, o meglio Angelina Jolie, è una delle tre colonne del film, insieme a Clint e a Stracz. Anche se all’apparenza può sembrare fuori luogo in un contesto come quello dell’America della depressione, la sua forza viene proprio dal suo essere “particolare”.

Ancora una volta si parla di particolare.

Clint, infatti, porta sullo schermo due ore e trenta di precisa ed instancabile partecipazione, in cui veniamo a conoscenza della particolare e particolareggiata vicenda di una donna contro l’autorità autoritaria nel torto consapevole, contro la manipolazione delle informazioni, contro la calunnia preventiva e l’arma dell’accusa d’infermità mentale. E di una donna contro il dramma dell’orrore dell’infanticidio, ma con la speranza continua ed indissolubile di ritrovare il figlio scomparso.

La speranza è insieme il motore del film e la parola, prima di allora mai pronunciata, che chiude la pellicola. Christine Collins dice di avere trovato la speranza, ma è stata la sua continua ed inamovibile speranza ad averla condotta alla consapevolezza di doverla avere sempre.

Con Changeling, quindi, Stracz si (ri)conferma uno dei migliori scrittori per immagini, mentre Clint si (ri)conferma uno dei migliori compositori di immagini.

E Changeling, così come è iniziato, finisce con un dolly. Dal basso, come un uomo che guarda negli occhi un altro, sale dal volto sorridente di Christine Collins verso l’alto, come un nuovo occhio nel cielo sopra la normale vita cittadina. La vittoria di Christine Collins, nuova eroina, è il caso di una vicenda particolare che ritorna al generale per arricchirlo e rinnovarlo.

 

Para

Voto Para: 3,5/4