Alexandra è la visitatrice esterna e fuori luogo, che cerca e porta affetto in un luogo dove la sabbia e la solitudine sono imperanti. Le lacrime non scendono, e anche se scendessero si riempirebbero di sabbia. Per un’anziana russa la nuova (?) guerra è un mondo altro, e i suoi modi “goffi” sono il concretizzarsi del suo essere fuori luogo. Ma anche in mezzo alla sabbia e agli sguardi di soldati, ceceni e cecene, Alexandra mantiene la sua forza innocente, la sua determinazione di raggiungere ciò che non le appartiene, tranne l’affetto per un nipote che vuole ancora esternare.
Suo nipote, prima di partire e salutarla, dopo una discussione che rende l’idea di come il “nuovo” sia diverso dal “vecchio”, afferra tre ciocche dei suoi capelli e, intrecciandoli, le mostra come, in fondo, il “nuovo” sia comunque legato al “vecchio”. Nel ripetere un gesto che lui era solito fare da bambino le dimostra il suo immutabile affetto.
Alexandra è, forse, quella Russia che quei soldati sono costretti a difendere, ma è anche in fondo quello che quei soldati vogliono difendere: i propri affetti.
Alexandra, così come è arrivata, se ne partirà, con un’amicizia (una donna del villaggio vicino al campo militare) che trascende la fazione, ma che riguarda soltanto il fatto di essere due vecchie donne legate a ciò che amano.
Alexandra, in mezzo ad una nuvola di sabbia, torna alla sua solitudine, e il treno scorre via, mentre Alexandra si guarda indietro per vedere ciò che lascia. E la donna cecena, a sua volta, guarda indietro, ma per vedere ciò che le rimane.
Para
Voto Para: 3/4
Voto Chimy: 3/4