FEFF 2008: Giorno 9

PEEPING TOM di Yoshiiro Fukagawa

Chimy: Il classico film che con il passare dei minuti perde d’interesse.
Scrittore squinternato spia i vicini e racconta ciò che vede nei suoi scritti. Si ritroverà a scoprire per caso un’orrenda verità…
Prende banalmente spunto da celebri film del passato: "L’occhio che uccide" (naturalmente), "Blow-up", "La conversazione" ecc ecc. Che fosse un omaggio a quelle opere? Se lo era non è riuscito..

Para: Poteva essere interessante, ma è a tratti noioso e il risvolto fantasmatico finale non è una scelta felice.

GONE SHOPPING di Wee Li Lin

Chimy: Primo film di una regista di Singapore, che attraverso il racconto di tre storie che s’intrecciano in un supermercato, cerca di mostrare i paradossi del paese in cui vive.
Idea di base interessante, ma sviluppata male. Si cade spesso nella noia e nel banale..

Para: Cinema di plastica. Si salva un ottimo digitale e nulla più..

SPARROW di Johnnie To

Chimy: Una luce nel buio degli ultimi giorni del festival. Una commedia divertente e divertita che porta davvero sollievo in un concorso che ha spesso visto protagonista la pesantezza delle pellicole.
"Sparrow" è un film notevolissimo, assolutamente da ricordare.
Un’opera in cui si omaggiano grandi film classici: dalle commedie hitchcockiane ("Caccia al ladro" in particolare) ai grandi musical. Straordinaria in questo senso una sequenza verso la fine, in cui assistiamo ad una vera e propria danza di corpi sotto la pioggia coi loro ombrelli,mentre attraversano la strada. Johnnie To dilata l’attimo e rimanda a "Cantando sotto la pioggia". Si potrebbe definire una scena musical ma non cantata.
Imprescindibili, in mezzo al film, vari camei dell’attore di culto Suet Lam che fuma la pipa.
"Sparrow", come detto, è una divertita commedia, ma Johnnie To fa comunque una regia maestosa ed elegante dove a splendidi piani-sequenza vengono alternati momenti di soave montaggio dove l’attenzione al dettaglio diventa il vero motivo di studio registico.

Para: Sottoscrivo in pieno tutto..

SHADOWS IN THE PALACE di Kim Mee-Jung

Chimy: Un horror troppo ben fatto per essere all’horror day, ma troppo malfatto per essere minimamente ricordato.
Fa arrabbiare che non sia girato così male, ma la sceneggiatura e i risvolti narrativi fanno davvero cadere le braccia.

Para:Noia

Mostra di Venezia-giorno 9: una giornata in tono minore…

Dopo i fasti dei giorni scorsi, la penultima giornata della Mostra è abbastanza sottotono…

Il film sorpresa della Mostra è stato "Mad Detective" di Johnnie To (come avevamo pronosticato i giorni prima del festival) e Wai Ka Fai.
La vicenda ruota attorno ad una pistola scomparsa che apparteneva ad un poliziotto, le cui pallottole hanno ucciso diversi uomini. Nelle indagini è coinvolto un detective, considerato matto, che legge nella mente delle persone.
To lo scorso anno aveva presentato il notevolissimo "Exiled", con "Mad Detective", purtroppo, non si ripete a quei livelli.
Manca quell’eleganza di stile e quella continuità di ottime sequenze che avevano caratterizzato la sua precedente opera.
Dopo un inizio abbastanza scioccante (taglio di un orecchio), il film perde smalto nella parte centrale e lo recupera soltanto nel bellissimo finale.
Però non basta. Le mie attese per questo film, che si è rivelato essere non più che discreto, erano molto maggiori…

L’ultimo film italiano presentato in concorso (dopo "Nessuna qualità agli eroi" e "il dolce e l’amaro") è "L’ora di punta" di Vincenzo Marra.
Il film parla di un arrampicatore sociale che, approfittandosene di tutti, da guardia di finanza diventa un imprenditore di successo.
Se avete sentito parlare di risate ironiche in sala durante la proiezione avete sentito bene.
Io non vorrei essere troppo drastico dato che la media dei film italiani che escono è a questo livello (brutti film), però ci sono momenti davvero imbarazzanti.
Marra alterna a sequenze tranquille e accettabili, altre che sembrano tirate fuori dai peggiori sceneggiati televisivi.
L’elemento che, però, fa crollare tutto è l’attore protagonista Michele Lastella, che dev’essere stra-raccomandato come il personaggio che interpreta.
Non riesce nè a fare un sorriso sincero, nè a cambiare espressione; durante una sequenza cerca di fare un ghigno beffardo e gli esce un espressione da maniaco stordito. E’ davvero difficile recitare peggio.
Fanny Ardant cerca con la sua grande classe di rialzare un pò questo film, ci riesce poco perchè avendo di fronte uno stoccafisso non può (neanche lei) fare miracoli…

La "settimana della critica" si chiude com’era cominciata: con un film abbastanza deludente che ruba le idee dagli altri.
La prima opera presentata nelle sezione era stata "24 mesures" di Jalil Lespert.
La trama si basa su 4 storie che s’intrecciano (abbastanza male) in una notte francese.
Si cerca di copiare Inarritu, ma ci si riesce molto poco. Una delle storie s’intreccia a causa di un incidente (ok copiare il grande messicano però si esagera) come in "21 grammi".
Oggi, invece, è stata presentata l’ultima opera della sessione "Ano Una" di Jonas Cuaron (figlio di Alfonso).
Parla di un ragazzino messicano che s’innamora a tal punto di una turista americana da decidere di andarla a trovare a New York senza dire niente ai genitori.
Il film è realizzato soltanto con delle fotografie in digitale che si susseguono, che raccontano gli eventi insieme alla voci off degli attori. Procedimento simile a quello del celebre "La Jetee", di cui avevamo parlato poco tempo fa.
Se nel film di Marker, però, questo procedimento aveva un senso importante (un ricordo fissato nella mente come una fotografia), in "Ano Una" non si capisce bene il motivo di questa scelta oltre a quello dell’esercizio di stile. Se fosse stato girato normalmente non sarebbe cambiato moltissimo…

A domani pomeriggio con le recensioni degli ultimi due film del concorso e le valutazioni finali…
Saluti

Chimy