Ottima edizione quella 2009 del Torino Film Festival, che ha già regalato un ampio numero di pellicole interessantissime; anche se vista la quantità enorme di film è davvero difficile stare dietro a tutto.
In questo primo resoconto i film più attesi presentati a Torino, mentre nel secondo (che metteremo domenica pomeriggio) si parlerà degli altri lavori meritevoli d’interesse:
Nowhere Boy di Sam Taylor Wood
Film d’apertura del TFF incentrato sull’adolescenza di John Lennon e diretto da un’esordiente, "Nowhere Boy" è un lavoro discreto e, forse, superiore a quanto ci si poteva aspettare.
Se nelle parti narrative più tradizionali si rischia a volte di sfiorare il patetico, molto riuscite sono le sequenze onirico-sperimentali dei sogni e dei ricordi del giovane Lennon, dove la regista dimostra di essere stata un’ottima artista visuale negli anni ’90.
Buono il cast, in cui svetta una grande Kristin Scott Thomas nella parte della zia del protagonista.
Le refuge di François Ozon
Ottimo lavoro di Ozon che torna a trattare una delle tematiche che più ha sviluppato nel corso della sua carriera: l’elaborazione del lutto. Se in "Sotto la sabbia" a perdere il marito c’era Charlotte Rampling, ora in "Le refuge" c’è un’altrettanto brava Isabelle Carré.
Il film si apre con Mousse e Louis, giovane coppia parigina, che conducono una vita segnata dalla dipendenza dalle droghe.
Una mattina, entrambi privi di sensi, vengono ricoverati in ospedale: Louis muore per overdose, mentre Mousse riesce a sopravvivere e scopre allo stesso tempo di essere incinta.
In quel momento la ragazza capirà che il suo uomo continuerà a vivere con lei. Nel suo grembo materno.
Film toccante ed elegante.
Secondo film del regista di "A est di Bucarest", "Police, Adjective" mostra nei primi 10-15 minuti quale sarà l’interessa essenza narrativa del film: un poliziotto che si rifiuta di obbedire agli ordini dei suoi superiori che vogliono vederlo arrestare un giovane ragazzo, che si pensa essere uno spacciatore.
Il resto del film è un’estenuante ripetizione di questo concetto, sviluppato tramite delle riprese lunghe che non riescono a portare a niente, a parte la noia.
Riuscitissimo incontro fra Wes Anderson e l’animazione (in stop motion), "Fantastic Mr.Fox" è un’opera intelligente e divertentissima.
Si sente in ogni scena la presenza del regista de "I Tenenbaum" a tirare i fili (fatto straordinario se si pensa al passaggio dal "live action" all’animazione), e volpi, tassi e opossum hanno le caratteristiche e le psicologie dei personaggi dei precedenti suoi film.
Davvero un peccato che in Italia (sembra) arriverà soltanto in aprile.
Film premiato all’ultimo Festival di Cannes con il premio alla migliore regia. Attendiamo motivazioni…
"Kinatay" racconta ventiquattr’ore nella vita di Peping, studente di vent’anni che vediamo (durante il giorno) sposarsi con una ragazza ancor più giovane di lui che gli ha però già dato un figlio, ma che per guadagnare dei soldi facili per la sua nuova famiglia va ad accettare un lavoro (durante la notte) ben pagato, senza sapere quello a cui andrà incontro.
La regia di Mendoza è ripetitiva e totalmente autocompiaciuta.
Nemmeno le scene di violenza estrema della seconda parte riusciranno a ravvivare uno spettatore che faticherà enormemente a rimanere concentrato dopo un interminabile viaggio in automobile, mentre Peping e altri uomini stanno trasportando una prostituta appena rapita presso una casa isolata.
Qui verrà prima torturata, poi uccisa e, infine, tagliata a pezzetti: tutto questo mentre la regia di Mendoza prosegue il suo lentissimo corso.
Peccato perché per il tema (e la sua importanza social) poteva diventare davvero un film importante, rovinato proprio da quella regia che Cannes ha voluto premiare.
In assoluto il miglior film del festival, è (dopo "Un’altra giovinezza, rispetto alla quale è ancor più riuscito) una nuova opera personalissima, sperimentale e coraggiosa del grande Francis Ford Coppola che, arrivato a settant’anni, continua a portare il cinema verso il futuro.
Profondo nel tratteggiare i rapporti famigliari dei protagonisti, in cui spicca un immenso Vincent Gallo nella parte di Tetro, il film è anche una riflessione cinematografica sulla luce, sul colore e (prestateci attenzione quando lo vedrete) sul sonoro.
Da venerdì sarà in sala e quindi è giusto non aggiungere altro.
Per chi l’ha visto a Torino c’è stata la soddisfazione di poter andare a vedere "Tetro" e non "Segreti di famiglia", titolo che avrà nelle nostre sale.
Chimy